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Tema sulla fuga dei cervelli

Lasciare il proprio Paese in cerca di fortuna all’estero è un fenomeno oramai, purtroppo, molto comune tra i giovani di tutta Italia. “Purtroppo”, perché non parliamo più di viaggi di piacere, o avventure verso la ricerca di un’esperienza formativa all’estero da riproporre poi nel nostro territorio, ma trattasi ora di un viaggio per necessità orientato quasi esclusivamente alla sopravvivenza e al conseguimento di un contratto di lavoro (qualunque tipo di contratto si tratti).

Lasciamo l’Italia come facevano i nostri antenati che emigravano verso gli Usa, o ancora i nostri nonni verso i territori dell’Australia o quelli dell’Argentina. Spesso abbandoniamo ciò che più caro abbiamo al mondo: la famiglia; per darle sostentamento e cercare di fornire almeno un’opportunità di sopravvivenza.

“Sai quello che lasci ma non quello che trovi”; è questo il caso in cui il coraggio di molti ragazzi viene messo alla prova, nella ricerca di un futuro migliore o almeno il più possibile dignitoso. “Addio Italia, io vado all’estero per realizzare i miei sogni”; questa frase sempre più spesso viene pronunciata dai figli di fronte ai propri genitori che impotenti non possono far altro che augurar loro buona fortuna e se possibile di tornare presto verso il loro Paese.

Osservando i dati ci rendiamo conto che queste statistiche parlano chiaro; il nostro è un Paese in declino. Secondo i numeri Istat una famiglia italiana su 4 ha un disagio economico in generale. Soltanto 61 persone su 100 (considerando un campione in una popolazione tra i 20 e i 65 anni) hanno un lavoro; se parliamo dell’Italia al femminile solo una donna su tre nel sud al momento attuale ha un impiego. Come Stato rimaniamo ultimi nella classifica all’interno dell’Europa per competitività di costo delle imprese; siamo un Paese con tanti anziani e pochi bambini (ciò dovrebbe far pensare), e con pochissimi lettori e molte automobili.

Sono passati i tempi in cui si sentiva parlare di lavoro sicuro, figuriamoci ora discutere sui sogni. Al giorno d’oggi sul viso dei giovani, quelli che dovrebbero rappresentare il futuro, si legge chiara la parola “incertezza”. Ma la domanda che sorge spontanea è: perché fuori dall’Italia ci si può costruire un futuro e nel nostro Paese ciò appare soltanto una mera illusione? Le risposte potrebbero essere molteplici e certamente la politica lenta e macchinosa che avvolge il territorio potrebbe rappresentare una buona parte della risposta. È anche vero che appare troppo facile forse lasciarsi andare al propagato pessimismo e non provare a cambiare le cose anche semplicemente un passo alla volta, passo dopo passo.

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