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Saggio breve: siamo quel che mangiamo?

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saggio breve assegnato alla maturità del 2011, clicca per ingrandire

Quanto il cibo è importante nella nostra vita? Che ruolo assume? Sono domande banali eppure le risposte ci possono aprire la mente verso un diverso approccio con il nostro modo di alimentarci. Mangiare è una delle azioni primarie che ogni animale deve compiere. Senza un’adeguata assunzione di nutrimento non possiamo vivere. Il cibo è ciò che ci fornisce l’energia per compiere qualsiasi azione. E’ il carburante del nostro corpo. Come una macchina non funzione se viene alimentata da un combustibile inadatto, ciò avviene con il nostro organismo. Se ci nutriamo in modo sbagliato, i danni possono essere enormi. Oltre alla sua effettiva importanza per la nostra esistenza, il cibo ha assunto un ruolo anche secondario. Non è solo ciò che mangiamo che ci definisce ma anche come lo mangiamo.

Nutrirsi è una pratica comune a tutti gli uomini ma come ognuno sceglie di farlo definisce una sorta di cultura del cibo.

Analizzando come il nostro tipo di alimentazione si sia sviluppato, possiamo rintracciare degli enormi cambiamenti nel corso dei secoli. L’uomo da nomade ed essenzialmente carnivoro è poi diventato un sedentario, affidando la sua sopravvivenza anche all’agricoltura. Con il progresso e lo sviluppo di tecniche sempre più avanzate siamo giunti a poter reperire in gran quantità una vastissima quantità di cibi di diversa provenienza e origine. Disponiamo di tutto ciò che può soddisfare le nostre esigenze. Questa sovrabbondanza però è nociva. Se possiamo avere tutto e subito, ciò che orienta la nostra scelta è la gola. Scegliamo di nutrirci con ciò che più ci piace e trascuriamo quanto un alimento possa essere sano e salutare. Si può sopravvivere ai peccati di gola, se essi non diventano così tanti da sancire un vero e proprio stile di vita vizioso. La nostra salute è strettamente legata a ciò che mangiamo. Lo stile di vita e il cibo dell’uomo moderno rischiano di nuocere particolarmente al nostro benessere corporeo. “Dobbiamo modificare le nostre abitudini” è il monito che lancia Adele Sarno nel suo articolo pubblicato su Repubblica l’1 aprile del 2011.

Nutrirsi troppo spesso e con gli alimenti che più ci piacciono, che sono quasi sempre i più calorici, porta a una disfunzione del nostro corpo. Il nostro organismo riceve più di quello che effettivamente gli serve e perciò accumula grasso. Non è un problema da sottovalutare. Spesso l’autocontrollo rispetto all’alimentazione non è tale da sancire un limite al nostro assumere calorie superflue. Il piacere della gola porta dunque a una vera e propria malattia, l’obesità. Questa è molto limitante e condiziona non solo le funzionalità del nostro corpo ma anche il nostro stile di vita. Si diventa eccessivamente pigri e sedentari. Se ciò poteva portare a una grande noia, con la tecnologia che condiziona la nostra vita così profondamente, anche lo stare sempre fermi può essere divertente. Se si è in compagnia di un televisore, di un cellulare o di un computer è tutto un divertimento. Non solo dall’obesità deriva un maggiore uso della tecnologia ma anche viceversa. Se si mangia, infatti, mentre si è “connessi” al mondo intorno a noi, non ci concentriamo sull’atto di alimentarci e finiamo per esagerare con le quantità, non avvertendo la sazietà. Silvia Maglioni è una delle autrici che sostiene quanto la forma fisica sia correlata con questa pratica. Il suo articolo “Mangiare davanti al computer fa male alla linea” pubblicato sul sito internet leonardo.it descrive i disturbi che derivano da questa diffusa abitudine alimentare.

L’analisi dell’obesità e del modo in cui ci si nutre apre la porta a una riflessione di tipo socio-culturale. Come mangiamo definisce ciò che siamo esattamente come il cibo che ingeriamo. Se il secondo è molto importante per la nostra sopravvivenza, il primo ci definisce come esseri umani appartenenti a una specifica cultura. Ogni popolazione in passato, molto più che ora con la globalizzazione, aveva non solo i suoi alimenti tipici ma anche un modo proprio di cibarsi. Si possono fare molti esempi per comprendere come la consumazione di un pasto sia qualcosa di culturale. I giapponesi sono famosi per utilizzare delle bacchette di legno, con un’abilità dettata dall’abitudine che quasi si può definire un’arte. Gli occidentali si cibano con le posate. L’educazione a tavola è stato oggetto di uno studio approfondito tale che è stato perfino sviluppato un sistema di “leggi” che lo governano, il bon ton o galateo. L’interazione sociale è strettamente correlata a un pasto. Molto spesso, infatti, questa è l’occasione di un raccoglimento della famiglia nell’arco della giornata, un possibile momento di incontro tra colleghi, amici o conoscenti, un evento per festeggiare. A testimonianza del vero legame tra cibo e società l’UNESCO si è pronunciata a tutela della Dieta Mediterranea. Nell’articolo che proclama la Dieta Mediterranea come patrimonio dell’umanità, pubblicato sul sito unesco.it, questo ente la considera non solo come modello di alimentarsi ma anche come manifestarsi dei costumi sociali.

Dopo questa attenta analisi si può effettivamente affermare che siamo quel che mangiamo. Il cibo che consumiamo e come decidiamo di farlo, in compagnia o circondati dalla tecnologia, ci definisce. Il nostro stile di vita, sia sportivo e movimentato o piuttosto sedentario, definisce cosa mangiamo e viene influenzato da esso. In una sorta di auto implicazione alimentazione e uomo sono inscindibili.

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